In occasione del festival “Le città visibili” e in collaborazione con l’associazione Korekané, venerdì 20 e sabato 21 luglio Oscar De Summa ha condotto un laboratorio per attori o aspiranti tali.
Rimini, Via Popilia 45B. Spazio “Area K”. Una giornata calda e afosa. L’appuntamento è per le ore 14, i venti partecipanti arrivano pochi alla volta, completano l’iscrizione all’Associazione Korekané e si inoltrano nello spazio che li ospiterà per il resto della giornata e della mattina successiva.
di Marco Ferri
A tutti viene chiesto di togliersi le scarpe prima di accedere al parquet della sala in cui si svolgerà il workshop: il quadrato. Ci si stende, ci si siede, ci si concentra o semplicemente si gode dell’aria mossa dai ventilatori posti intorno alla stanza. Alcuni partecipanti già si conoscono, altri si presentano a vicenda e altri ancora rimangono in religioso silenzio e attendono.
Oscar De Summa arriva alle 14:30; saluta i presenti , sistema le sue cose, fa qualche test audio e chiede infine a tutti di mettersi in cerchio insieme a lui.
Avere la possibilità di osservare e prendere nota di ciò che accade in un processo di lavoro è cosa rara e non semplice. Testimone, con uno sguardo esterno ma non distante, discreto ma attento a ciò che accade, mi inoltro anche io in questa esperienza.
Oscar De Summa inizia presentandosi: parla di sé, del suo particolare percorso formativo e avvisa che non seguirà nessun metodo specifico: “I metodi sono tutti uguali, per questo non ne funziona nessuno. Spesso vengono inventati per vendere qualcosa.” Aggiunge inoltre, riguardo gli obiettivi da porsi: ”l’esercizio può venire male, ma l’importante è raggiungere la verità sulla scena”.
Chiede poi a tutti di presentarsi: nome e cognome, esperienze teatrali maturate e cosa ci si aspetta dal workshop.
Diversi per età, sesso e formazione, la maggior parte dei presenti viene da territori limitrofi, ma c’è anche chi ha fatto parecchi chilometri per poter partecipare. Le motivazioni sono varie ma tutte importanti per un lavoro di condivisione e scoperta: “mettersi alla prova”, “continuare a imparare”, “conoscermi meglio”, “sperimentare”.
Finito il giro di presentazioni De Summa introduce i principi fondamentali sui quali baserà il laboratorio, eccone alcune
- Non giudicare mai il lavoro degli altri
- Mettere nel lavoro ciò che si sta cercando
- Umiltà
- Unità
- Confronto
- Disponibilità
- Tutto è nello spazio
- Responsabilità
De Summa conclude poi sottolineando l’importanza della precisione e della misura: “il problema dell’attore sono le misure. Quando “il piccolo” è interessante significa che il lavoro fatto ha funzionato”.
La fase preliminare, l’introduzione al lavoro, inizia con l’occupazione da parte di tutti del “quadrato”, dello spazio scenico; mentre De Summa imposta le melodie di sottofondo, i partecipanti devono concentrasi sull’ascolto. Con un cambio di musica si passa poi a una danza libera, a movimenti e corpi che seguono un flusso interiore non prestabilito. Poi un ulteriore cambio; ci si butta a terra e si abbandona il corpo… ad occhi chiusi ci si lascia andare. Ci si risveglia poi come con lo sbocciare di un fiore e successivamente si passa allo scambio, all’incontro. Prima solo visivo, poi anche tramite un contatto fisico con gli altri. Accoglienza.
“Posso abbandonarmi ancora di più. Posso accogliere ancora di più. Respiriamo insieme”. La voce del maestro accompagna i partecipanti.
Dopo una nuova occupazione dello spazio tramite camminate e movimenti a diverse velocità, evitando automatismi e passività, ci si rimette in cerchio.
Dopo una piccola pausa, il laboratorio prosegue con un ulteriore esercizio sulla presenza scenica in cui, uno alla volta, si cammina in un particolare segmento dello spazio e si pronuncia una parola a scelta, di fronte agli altri, osservatori non giudicanti.
Si dà importanza all’entrata, allo svolgimento dei movimenti e all’uscita di scena. Tutto è importante, ogni minimo gesto. Ogni esitazione o auto giudizio viene notata da De Summa, che spinge i presenti all’importanza di riuscire a diventare un canale, alla verticalità: “prendo forza dal basso, prendo forza dall’alto e entro in scena”; “sorprendetevi, andate in una direzione nuova!”; “Noi lavoriamo per contagiare gli altri. Devo aumentare e incontrare l’energia degli altri. Devo espandermi”.
È difficile, è complesso. Ma tutti provano, tutti sono pronti a mettersi in gioco.
L’esercizio successivo prevede due persone sedute una a fianco all’altra. De Summa porge in momenti diversi un bigliettino anonimo a uno dei due in scena, che dovrà seguire le indicazione segrete, improvvisando.
Il workshop prevede poi un nuovo lavoro a coppie: dato un breve dialogo che andrà seguito da tutti alla lettera, si hanno trenta minuti di tempo per creare una scena, raccontando una storia e componendo azioni che siano chiare, dall’inizio allo svolgimento con un apice e un finale.
Seguono momenti di confronti tra le varie coppie. Prove, modifiche, voci, passi, risate. Ognuno concentrato ad ascoltare e lavorare con il compagno. Qualcosa si crea.
Terminato il tempo a disposizione ogni coppia si esibisce di fronte agli altri, ascoltando poi gli interventi di De Summa, che chiederà poi di ripetere le scena inserendo il breve brano del Prometeo che ogni attore ha imparato a memoria per il laboratorio. Due mondi che si intersecano, per cercare una scommessa personale.
“Dovete trovare una scommessa personale. L’ottanta per cento del lavoro è invisibile dunque dovrete costruirvi delle sorprese”.
“Il testo è il pretesto per comprendere le cose. È tutto scritto nel corpo, non nel testo”.
La giornata si chiude con un ultimo esperimento: si pone una sedia al centro della scena. Accompagnati da una musica sempre diversa, si chiede di intervenire nello spazio giocando con lo stesso e gli altri partecipanti, che si muoveranno intorno alla sedia a diverso ritmo. Mano a mano, qualcuno recita al microfono il proprio brano del Prometeo, mentre gli altri proseguono nel loro moto presente e libero.
Tutti di nuovo in cerchio, ci si guarda negli occhi, così diversi rispetto all’inizio della giornata. I cuori pieni, i corpi stanchi, si fa un giro di impressioni, di commenti e ci si da appuntamento alla giornata successiva, che proseguirà con ulteriori esercizi sulla presenza, sulle scene preparate, l’improvvisazione e il lavoro di gruppo. Il tutto sempre accompagnato dalla musica, canale di emozioni che aiuta il manifestarsi della verità e dell’invisibile, vero obiettivo del laboratorio e di ogni attore.
Relazioni, interpreti, azioni concrete, composizione drammaturgia, cori. Il lavoro prosegue sempre sulla sperimentazione, sulla ricerca interiore e la scoperta.
“Si butta la rete in mare, si ritira su… e non si sa bene cosa si trova” dice De Summa. Gli allievi lo ascoltano, lo seguono e qualcosa trovano, sempre.
Aver avuto la possibilità di osservare, ascoltare e seguire un attore di tale livello ha fatto trovare tanto anche a me, muta voce fuori campo, che ancora una volta, in questi giorni di festival ha visto rendere visibile l’invisibile.