a cura di Gloria Perosin

Infilo la cuffia nell’orecchio e faccio partire l’album Statue. Massimo Marches ha una voce calda, delle melodie che se fossero un disegno sarebbero onde al tramonto, e mentre canta sembra che ti parli.

Il cantautore sarà ospite a Le Città Visibili domenica 28 luglio, prima del concerto di Bianco, e io ho deciso che sarà anche tra i miei compagni di viaggio di questa estate. Infilo la cuffia, dicevo, abbasso i finestrini, metto in moto e parto.

Massimo Marches nasce e vive a Rimini dal 1977. Nei primi anni della sua carriera diventa padre del gruppo Officine Pan, si cimenta poi nel progetto Miscellana Beat insieme al violoncellista Gionata Costa per arrivare nel 2010 a dar luce al primo disco solista Le stagioni di un tempo. Il carattere introspettivo della musica di Massimo si percepisce immediatamente, mi chiedo se assomigli al suo.

Tra il primo e il secondo disco solista passano diversi anni, per questo motivo il sottotitolo di Statue è “discolungo”, e questo spiega anche i diversi stati d’animo che caratterizzano l’album, che tra brani strumentali,  alcuni testi leggeri, molti emozionanti, consigli da seguire, desideri e speranze, è perfetto in qualsiasi momento.

Sono arrivata a destinazione e parte “Le stragi in maschera”. Mentre aspetto inizio a leggere le risposte che Massimo mi ha mandato qualche giorno per mail.

La risposta è sì, la sua musica gli somiglia.

 

Massimo Marches, cantante-chitarrista, chitarrista-cantante, a volte cantautore. Tu chi ti senti? E chi sei quando togli microfono e chitarra?

In genere succede che quando sono il “chitarrista” e mi chiedono di cantare una canzone, sono in difficoltà… Quando sono il “cantante” e non ho una chitarra tra le mani, sono in difficoltà… Quando devo scrivere una canzone sono sempre in difficoltà ma se non sto facendo nessuna da queste tre cose, sono in gravissime difficoltà! Se mi chiedono «come va?», però rispondo quasi sempre «bene» …dopo qualche secondo.

 

In che modo e da dove nascono le tue calde note e la tua attività artistica?

Fondamentalmente nasce tutto dalla provincia. Ho iniziato a suonare nei vari locali di Rimini piuttosto presto e la maggior parte delle mie competenze provengono dall’esigenza di dover riprodurre in pubblico, possibilmente senza sbagliare, quello che veniva chiesto, senza preoccuparmi troppo del valore artistico di quanto stessi facendo. In questo modo ho imparato a “suonare” Una storia comune credo. La differenza poi l’hanno fatta gli incontri, l’umanità di chi senza nemmeno volerlo ti porta a scoprire aspetti del fare musica che prima non avevi considerato: il non detto, il non scritto o banalmente un nuovo accordo.

 

Il 27 ottobre del 1981 Alberto Sinigaglia, in una puntata di Vent’anni al Duemila, intervistava Italo Calvino e gli chiedeva tre chiavi, tre talismani per il Duemila. Calvino rispondeva «imparare molte poesie a memoria per ripeterle anche da anziani e farsi compagnia, fare calcoli complicati a mano per rimanere concreti, ricordare che tutto quello che abbiamo ci può essere tolto da un momento all’altro».

Se lo chiedessi io a te, cosa risponderesti?

Amare quello che si ha e imparare a riconoscerlo, o viceversa. (Calvino l’avrebbe detto meglio).

Approfondire. Approfondire anche solamente una cosa, in tutti i suoi aspetti, ma quella cosa, una sola. Si parla spesso di flessibilità, multitasking, ma il limite tra elasticità e smarrimento mi sembra sottile. Più conosci e più i confini si allargano anche all’interno di un solo argomento.

E poi viaggiare. Sicuramente il modo migliore per sentirsi stranieri e nuovi. Quasi niente di tutto questo è mai stato messo in pratica dal sottoscritto, ma confido nei prossimi “vent’anni al Duemila” – e 39- per riuscirci.

 

Chitarra, pianoforte e violoncello, questi i tre protagonisti-chiave, oltre alla voce, dei tuoi lavori. Quali sono stati invece i tre brani-chiave, non tuoi, che hanno modellato la tua musica?

Tre sono pochi. Domani non saprei ma oggi ti direi: “All Apologies” dei Nirvana, nella versione dell’ Unplugged. “Pink Moon” dall’omonimo album di Nick Drake, “Disamnistade” di Fabrizio De André.

Penso che domenica 28 sarà una serata caldissima e bellissima.

Ci vediamo all’ex macello, sempre in via Dario Campana 71, sempre con Le Città Visibili.