Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2024.

Una cucina, due pasticceri (che sono anche due fratelli), un paio di ritratti di Frank Zappa, due sdraio da spiaggia, una tromba, un orologio fermo alle quattro e qualche minuto, una miriade fra pentole, fruste da cucina, mestoli, sac à poche, fornelli e un frigo. Sono questi gli ingredienti principali di Pasticceri – Io e mio fratello di e con Roberto Abbiati e Leonardo Capuano, un dolce spettacolo che, a vent’anni dal debutto, è andato in scena il 30 agosto al Teatro Galli, nella rassegna del festival Le Città Visibili.

Pasticceri è prima di tutto una storia d’amore, di un amore che esiste solo nel cuore di uno degli amanti e che ha timore a uscire fuori, a dimostrarsi, a schiudersi all’altro. Subito viene in mente Cyrano De Bergerac, citato all’interno dello stesso spettacolo durante un breve monologo, con cui è più che lecito tentare di trovare una connessione, un riferimento. Se quell’uomo dal naso adunco non avesse avuto una spada, ma una frusta da cucina, sarebbe stato uno dei due personaggi dello spettacolo.

Entrambi i fratelli sono innamorati di Rossana, entrambi le scrivono centinaia di lettere d’amore, fantasticano sulla sua bellezza e sognano di dichiararsi con lo stesso valore e abilità che hanno nel loro lavoro (tirare di scherma-cucinare in pasticceria), ma entrambi finiscono irrimediabilmente per tradire una profonda timidezza, tanto impacciata quanto tenera. Pasticceri – Io e mio fratello è un’ode alla ritrosia e alla laboriosità che ne scaturisce, a quell’intraprendenza nello strafare, preparando decine di torte per far colpo su una donna e lasciando che siano quelle azioni plateali a parlare e non la voce dell’innamorato, la cui forza sembra venire  meno in presenza dell’amata, come risucchiata dalla sua bellezza. Pasticceri è un inno agli impacciati e a chi ha paura dell’amore (chi non ce l’ha?).

Gli attori in scena si spalleggiano in un perfetto mix comico, dove le interpretazioni si incastrano alla perfezione, così come le differenze caratteriali tra i due fratelli: il primo fintamente gagliardo e rude, ma dal cuore di burro, il secondo un po’ più lento di comprendonio, esperto di testi d’amore, poeti e poesia. Uno spettacolo divertente, che fa ridere i più grandi e i meno grandi, condito da musica che spazia da Lou Reed ai Lynyrd Skynyrd ai Rolling Stones, che passa da stacchetti di danza su una canzone soul, con luci diffuse e scene illuminatissime, a momenti di introspezione e riflessione dei personaggi, con solo qualche sagomatore che illumina i fratelli, mentre ricordano la figura del padre, loro mentore. Uno spettacolo genuino, imperfetto e sincero, che forse farà sentire un po’ meno sole e incomprese tutte quelle persone che della loro timidezza fanno un cruccio, un ostacolo. In fondo esiste della bellezza e della dolcezza in ogni cosa, bisogna essere solo in grado di riconoscerla.

Matteo Toni