Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2024.
La lancetta dell’orologio scorre veloce. Da un giorno all’altro ci ritroviamo adulti. Quello dopo la nostra pelle cambia odore, così come cambiano le nostre abitudini, i nostri luoghi e le persone intorno a noi. Ci ritroviamo anziani, alle dipendenze dei nostri figli o all’interno di una casa di cura. Ma sarà veramente così il modo in cui saremo tra quarant’anni? Vestiremo con abiti diversi, o indosseremo ancora t-shirt cantando a squarcia gola Tiziano Ferro e le Spice Girls? Come cambieranno le città, il clima, e gli spazi all’aperto ci saranno ancora?
Inizia così Futuro Anteriore, della compagnia teatrale Ferrara Off, che è andato in scena lo scorso 3 settembre, all’interno della rassegna teatrale de Le Città Visibili. Lo spettacolo viene presentato in un edificio caro al pubblico riminese: l’Ex Cinema Astoria, che riapre ed è come ce lo ricordavamo, con un look volutamente retrò, dopo 17 anni di chiusura e un lungo lavoro di co-progettazione che l’amministrazione pubblica ha portato avanti con tante associazioni, enti, aziende e cittadini del territorio.
Futuro Anteriore ci parla di quel momento della vita che viene chiamato della terza età, o sarebbe meglio dire «della quarta, o della quinta età?», come viene chiesto in maniera provocatoria ad inizio spettacolo. Sì, perché ormai la natalità è ai minimi storici e gli anziani occupano uno spazio sempre più ampio. Lo fa attraverso un linguaggio semplice e diretto, utilizzando alcune di quelle espressioni del dialetto emiliano-romagnolo che i nostri nonni usano ancora, e anche se riesce a strappare qualche risata, la domanda è tutto tranne che spassosa: «come saremo quando diventeremo vecchi?». È proprio una giovane donna a chiederselo, aprendo la scena sola su un palco vuoto. Il palco inizia via via a trasformarsi diventando appartamento, casa di riposo, sala da ballo o piccolo monolocale. Gli oggetti di scena sono semplici, tipici dei luoghi abitati dai nostri nonni: hanno l’odore della naftalina, e i suoni di una radio che è sempre troppo alta e rumorosa. Un tavolo, qualche sedia, una poltrona, un mobiletto anni ’50 e alcune coperte a quadrettoni, fatti di quella lana così spessa e infeltrita che è fastidiosissimo sentirsi addosso.
Sono quattro gli attori che si fanno spazio attraverso le scene. Si rimbalzano il palco tra monologhi e spezzoni di vita quotidiana, a volte impersonificando proprio quella nonna che ci chiedeva di aiutarla a fare le parole crociate, una mamma che non ha più memoria e un anziano che non è più in grado di vestirsi da solo. I cambi di scena sono frequenti, ma al contempo vivono la lentezza dei movimenti e dei tempi. I dialoghi vivaci e familiari si alimentano dell’improvvisazione dei loro stessi attori, sempre in ascolto del pubblico in sala.
Futuro Anteriore è come un pugno nello stomaco perché mette sotto i riflettori quello che rappresenta uno dei momenti di vita che i più temono. Ma lo fa in maniera semplice, quasi descrittiva, senza uscire dagli schemi, restando al suo posto, su quella poltrona che è sempre nella stessa posizione, su quegli esercizi di ginnastica che devono essere ripetuti ogni mattina, su quel cruciverba che parte sempre «per il lungo», o su quella filastrocca che si ricorda ancora a memoria.
Tra quarant’anni guarderemo il sole e forse ci renderemo conto di quanto tempo abbiamo perso a fare cose che non ci interessavano veramente, rimpiangeremo di non aver dato abbastanza attenzione ai momenti, di non esserci fermati ad ascoltare e a capire quali fossero davvero le cose importanti.
Futuro Anteriore ci chiede di fermarci, un passo alla volta, e di non avere più paura.
Chiara Amatori