a cura di Fabiola Fenili
Si parla di Città Visibili a cura di Fabiola Fenilie si parla di Tamara Balducci, la Direttrice artistica. L’intervista non poteva che essere in piazza Cavour in una calda serata di luglio, con in sottofondo la musica di Riccardo Amadei e Les Pastìs. Seduti sugli scalini ci siamo io, Tamara, la sua piccola Mariù addormentata nel passeggino, Enea Conti (il nostro editor, ndr) a supervisionare il tutto. E una serie di personaggi più e meno stravaganti che sono intervenuti chi per un saluto, chi per una battuta, chi si è sentito di dare un contributo non meglio identificato. Ma del resto quando si parla di un progetto condiviso, non poteva essere altrimenti!
Ma veniamo a noi Tamara: sei attrice, ma anche direttrice artistica del festival “Le Città Visibili”, da dove deriva la tua passione per il teatro?
Già al liceo frequentavo laboratori teatrali e in quegli anni ho fondato insieme a un gruppo di amici la compagnia i Korekané, attiva a tutt’oggi. Dopo il diploma mi sono laureata in Economia, con una tesi sul Teatro Galli di Rimini, ma già avevo in mente di iscrivermi a una scuola di teatro. Scelsi la Galante Garrone di Bologna, senza nemmeno prendere in considerazione le altre, perché tutte le persone che avevo incontrato sulla mia strada avevano a che fare con quella scuola e quindi per me aveva un senso. Ho avuto la fortuna di conoscere Alessandra Galante Garrone che è stata una grande maestra. Era un vero personaggio: una che ti consiglia di bere un bicchiere di Porto come training prima di andare in scena!
Fantastico! E dopo la scuola?
Ho lavorato diversi anni per il teatro di prosa con registi come Massimo Castri, Gabriele Lavia, Jean Pierre Vincent, Pascal Rambert. Parallelamente ho portato avanti progetti più indipendenti come il Satyricon al Piccolo di Milano con Massimo Verdastro e Francesca della Monica e con la Compagnia Menoventi di Faenza. Adesso trovo molto costruttivo affiancare progetti di teatro off (indipendenti, ndr), al lavoro con i teatri stabili.
Il prossimo anno sarò in tourneé con “Fedra” di Andrea De Rosa.
Come nasce il festival “Le Città Visibili”?
Nasce quattro anni fa quando l’assessore alla cultura del Comune di Rimini Massimo Pulini propose a me e Linda Gennari, l’altra direttrice artistica del festival, di ideare un progetto culturale per recuperare uno spazio cittadino. Ne visionammo diversi, ma quando arrivammo al giardino di Palazzo Lettimi, capimmo che aveva la dimensione giusta. Era il posto adatto per sperimentare cose nuove perché era intimo e raccolto. Inoltre ci piaceva il fatto che fosse in pieno centro storico, ma nascosto. Era un piccolo spazio per creare, un posto magico da cui partire.
Quattro anni fa in pochi mesi, grazie all’aiuto di amici artisti, mettemmo in piedi la prima edizione del festival.
Perché il nome “Le città visibili”?
L’ispirazione ci è venuta dalla frase del libro di Calvino “Le città invisibili” che recita:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Il giardino era un piccolo posto da far crescere, alimentare e curare, a cui dare spazio.
È un festival a ingresso gratuito, perché questa scelta?
È un invito a provare per tutti coloro che non conoscono il teatro. La gratuità convince le persone a partecipare e diventa così uno stimolo ad essere curiosi.
Durante il festival si alterneranno teatro e musica…
Sì l’idea è quella di far dialogare e incontrare i due pubblici: quello più legato al mondo musicale e quello invece più interessato al teatro. Il tutto in un posto piccolo, intimo e protetto come il giardino segreto.
Qual è il mood della quarta edizione?
Il tema di questo festival è certamente l’immigrazione. É una questione che mi sta molto a cuore ed è parte della mia vita e delle persone che frequento.
Quest’anno sono stati coinvolti alcuni ragazzi immigrati, tramite il progetto CiVivo, per sistemare il giardino. Mentre durante il festival abbiamo organizzato, insieme all’associazione Vite in Transito, una serie aperitivi a base di cibi etnici che verranno preparati da donne immigrate con ricette della loro terra. Durante questo momento conviviale racconteranno la loro storia, canteranno le loro canzoni: ci faranno insomma conoscere qualcosa del loro paese. Inoltre, l’ultimo spettacolo “Sull’Oceano” tratta il tema dell’immigrazione che ha riguardato noi italiani che ne nella prima metà del secolo scorso raggiungevamo per mare l’America.
È un tema molto attuale e anche controverso. Perché parlare di immigrazione?
Mi piace mettere in luce qualcosa, renderla visibile perché ognuno possa rifletterci secondo la propria sensibilità ed esperienza. Non vogliamo dare una lettura dei fatti, ma solo l’opportunità di conoscere.
Che cosa caratterizza questa edizione?
Quest’anno il festival si è arricchito di tante realtà diverse: per il secondo anno i visionari hanno contribuito al pre-festival, scegliendo uno degli spettacoli in programma. Inoltre, novità assoluta di quest’anno, un gruppo di ragazzi coordinato dal prof. Giovanni Boccia Artieri si è occupato di comunicare il giardino di Palazzo Lettimi e il Festival: il loro contributo è stato prezioso perché hanno espresso tante idee nuove che hanno arricchito questa quarta edizione.
Come avete scelto gli artisti?
Abbiamo invitato qualcuno di più conosciuto perché il pubblico si fidi della scelta e, una volta conquistato, venga a vedere anche un nome più sconosciuto.
Che cosa consigli a chi parteciperà al festival?
Mi piacerebbe che il pubblico rimanesse in grande ascolto: che ci fosse un dialogo con l’artista. Non importa che uno rida o pianga, che applauda o meno. Conta quanto è coinvolto a livello emotivo nello spettacolo. Gli artisti sono generosi col pubblico, tanto quanto il pubblico sarà generoso con loro.
Ci dai un flash per ogni spettacolo?
–Paolo Benvegnù è un poeta dei nostri tempi. Quest’anno farà solo 12 date in Italia prima di chiudersi in studio a registrare il nuovo album: è un’occasione unica per ascoltare questo cantautore. – Concerto Cronoillogical solitudo il 21 luglio
–Oscar de Summa proporrà uno spettacolo autobiografico attraverso una divertita, ed insieme dolente, confessione.
Diario di Provincia – Spettacolo il 22 luglio
– Roberto Dellera, bassista degli Afterhours si esibirà da solista. Oltre a essere un bravo musicista, autore cantante e polistrumentista, è anche un ottimo intrattenitore. Star bene è pericoloso – Concerto il 25 luglio
– Le Notti Bianche: è uno spettacolo ho appositamente pensato per essere realizzato nel giardino segreto e debutterà proprio durante il festival. Propone un modo diverso per approcciarsi a un classico della letteratura russa di Fëdor Dostoevskij, basato sui suoni e le voci che il romanzo mi ha ispirato. Le notti bianche_ Viaggio sonoro nel capolavoro di Dostoevskij in 4 puntate – Spettacolo in quattro serate: 26-28 luglio, 2 e 4 agosto.
– Cristina Zavalloni sono convinta che dopo la sua performance ogni uomo e ogni donna usciranno dal giardino innamorati di lei. Special Dish – Concerto il 29 luglio
–Terzo Segreto di Satira: se avete amato la loro satira irriverente, non potete non vederli dal vivo.Il Terzo Segreto Di Satira “LIVE” – Spettacolo 30 luglio
– “Sull’oceano” di Edmondo De Amicis: lo spettacolo scelto dai visionari, un gruppo di non addetti ai lavori che da gennaio a maggio ha visionato con costanza e passione una serie di proposte e selezionato questa pièce sul viaggio e sull’immigrazione. Sull’Oceano – Spettacolo: 5 agosto
L’arrivo degli scarafaggi neri e brutti e cattivi sugli scalini ha interrotto la nostra intervista. Quindi eventuali domande geniali e altrettante risposte geniali, non le leggerete mai. Per tutto il resto, ci vediamo al festival!