Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2024.
E se avessero ragione quei corvi appollaiati che contemplano l’umanità e le sue nefandezze? Anzi, per onestà intellettuale e scientifica, la ragione ce l’hanno di sicuro. Forse, allora, sarebbe meglio chiedersi: e se gli dessimo ascolto veramente? Se smettessimo di osservarli con quell’altezzosa prospettiva che ci ha sempre caratterizzati e con cui guardiamo e giudichiamo qualsiasi forma di vita non umana (o umana ma con connotati diversi dai nostri)? E se smettessimo di sentirci sullo scranno della specie-dominante-del-globo-terracqueo e guardassimo la realtà da un punto di vista più generalizzato, meno antropocentrico, meno autodistruttivo?
Corvidae. Sguardi di specie dell’autrice friulana Marta Cuscunà, in programma il 29 agosto al Teatro Galli nella proposta teatrale del festival riminese Le Città Visibili, ci racconta una storia che riguarda direttamente l’uomo, dando però vita e voce a quattro corvi meccatronici, costruiti per l’occasione dalla scenografa Paola Villani, su una struttura costruita con fili di freni di bicicletta e un sistema di joystick. I corvi sono disposti come su un ramo e la luce (dei sagomatori posti sotto le marionette) ci indica chi dei quattro uccelli ha voce in quella specifica scena. L’essere umano, in questo spettacolo, fa un passo indietro, se ne sta in disparte, al buio: noi del pubblico in platea, e Cuscunà all’ombra della struttura metallica, dalla quale manovra da sola le quattro marionette d’acciaio senza che il suo volto si veda mai veramente.
Lo spettacolo, nato originariamente per una mini serie tv di Rai 3, La fabbrica del mondo con Marco Paolini e Telmo Pievani, mantiene una struttura a puntate, in cui quattro corvi meccanici post-punk, guidati da Cuscunà che dà loro corpo e voce, discutono, si confrontano sui tanti temi ecologici in una chiave ironica, che sfiora talvolta la comicità. Durante queste puntate (introdotte da una sigla in stile Black Mirror sulle note di un celebre componimento di Bach, Aria sulla quarta corda – che per i non estimatori di musica classica è la sigla di Superquark) vengono sviscerati tanti temi cari all’ambientalismo contemporaneo, talvolta affrontando le tematiche nel merito, talvolta cogliendo il pretesto per descrivere e ridicolizzare gli atteggiamenti umani in senso più lato, come il razzismo, la guerra atomica o l’alimentazione umana, in relazione, per esempio, all’impatto che l’allevamento intensivo ha sulla natura.
Corvidae è un invito all’ascolto, un ascolto che non abbiamo mai praticato nei confronti di una natura da sempre ignorata in favore della nostra dominazione sul pianeta, della nostra stessa manifestazione come specie. Una terra deflagrata, annientata da un’umanità egoista, che mira solo alla propria superiorità e al proprio benessere, al quale, una volta ottenuto, non rinuncerebbe mai, a costo di andare incontro all’estinzione. Una terra che, assieme agli animali che la abitano, sono costretti ad assistere, silenti e impotenti, alla supremazia di un’umanità che si auto-distrugge con la stessa variabilissima creatività con cui è diventata la specie endemica più pericolosa del pianeta.
L’uomo, che si è pure preso la briga di stilare una classifica degli animali più intelligenti (dopo di lui, chiaramente) e che posiziona i corvi in una dei primi posti della classifica, forse dovrebbe fermarsi un attimo, e mettere in discussione ciò che l’ha portato a essere quello che è: la specie più “forte” del pianeta, sì, ma anche l’unica che distrugge il proprio ecosistema, in un paradosso tra conservazione e autodistruzione. E se la saggezza (che non equivale all’intelligenza), potessimo ritrovarla in quei quattro pennuti, che esistono da più tempo di noi e che ci hanno sempre osservati da lontano? Chi può dirlo… Forse il primo passo per cambiare le cose potrebbe essere, davvero, smettere di parlare e cominciare ad ascoltare. Citando una delle tante suggestioni proiettate alle spalle dei quattro protagonisti durante lo spettacolo, sotto forma di aforismi: «La lungimiranza dei corvi funziona nel 90% dei casi».
Matteo Toni