Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio gratuito di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2023.
Si è libere di essere o non essere una madre? A tentare di dare una risposta a un quesito così spinoso e ancora troppo poco discusso siamo stati chiamati noi, gli spettatori di Maternità, portato in scena a Rimini da Fanny & Alexander per il festival Le Città Visibili. Tratto dall’omonimo racconto di Sheila Heti, Maternità è uno spettacolo multiopzione, uno di quelli in cui la narrazione è generata dal rapporto duale e sincronico tra le domande dell’attore e le risposte dello spettatore che attraverso un libero atto di volontà, tra due o più possibilità, manifesta di preferirne una ritenendola migliore, più adatta o conveniente delle altre.
Lo spettacolo indaga il tema della scelta, costruendolo sul dubbio e sviluppando continue perplessità in chi guarda. Non appena varcata la soglia del teatro, a ognuno degli spettatori viene consegnato tra le mani un piccolo telecomando munito di alcuni tasti colorati: questo strumento insolito, così innocente e leggero, si trasformerà per poco meno di un’ora nel sostituto della nostra bocca. L’attrice e drammaturga Chiara Lagani, sul palco con una scenografia essenziale, si muove delicata in un piccolo raggio di spazio, e mentre le sue braccia sono a riposo incrociate, la voce è ritmata e squilla incalzante per le continue domande che ci rivolge. I dubbi di Lagani, che diventano anche i nostri dubbi, spigolosi oscillano in un pendolo tra libertà e rimpianto, tra egoismo e altruismo, tra pudore e svergognatezza, ammonendo sul giudizio ma solo attraverso una serie di sentenze giudicanti: «I figli si fanno o si hanno?», «Credi nel destino?», «L’aborto è un dolore, un errore o un diritto?».
Il meccanismo di interrogazione diretta non lascia alcuno scampo: pigiando uno di quei quattro bottoni ci si trasforma infatti in co-autori di uno spettacolo che non si ha scritto, si diviene giudici di una causa senza veri colpevoli, si fa parte attiva di uno spaccato di società. Il tema dell’essere (o non essere) madre, portato coraggiosamente sul palco, viene accarezzato dall’autrice in più dimensioni: attraverso la condivisione col pubblico ne genera una tessitura complicata, tridimensionale, impossibile da esaurirsi. Le domande continuano a non trovare risposte certe, anzi sostano nella nebbia del non detto, inabili a decretare – in questo mondo – se si è davvero libere di essere o non essere una madre.
Margherita Alpini