Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2024.

Una paradossale sequela di aneddoti storici assurdi. Così si può descrivere lo spettacolo della compagnia teatrale Sotterraneo, L’angelo della storia, vincitore del Premio Ubu 2022 e andato in scena al Lavatoio di Santarcangelo di Romagna il primo settembre 2024 in occasione del festival riminese Le Città Visibili, sotto la direzione artistica di Tamara Balducci.

Lo spettacolo si poggia essenzialmente su due teorie: il titolo riprende l’omonima opera del filosofo ebreo-tedesco Walter Benjamin, il quale riteneva che ogni istante della vicenda umana andasse attivato, rileggendo quindi la storiografia come prassi; inoltre, lo spettacolo porta avanti una critica – già ampiamente discussa – alla teoria della fine della storia del politologo Francis Fukuyama, il quale prevedeva la cessazione dello sviluppo socio-culturale dell’umanità con la diffusione, in tutto il mondo, dello stile di vita occidentale. 

I cinque attori si muovono sul palco, raccontando storie inconcepibili ma realmente accadute in epoche molto distanti fra loro, spesso molto diverse: dall’assassinio del filosofo pitagorico Ippaso, avvenuto nel V secolo a.C., fino alla vicenda di Stanislav Petrov del 1983, il quale, identificando un falso allarme missilistico, salvò il mondo da una guerra nucleare, passando per il suicidio del poeta Yukio Mishima. Si aggiunge a questa sfilza di episodi la nota bufala del 2011 inerente Tommasino, un gatto diventato milionario dopo la morte della sua padrona, il quale, durante lo spettacolo, finisce per interrogarsi sulla mentalità dei Sapiens. Durante la rappresentazione non c’è un cambio di costumi fra un avvenimento e un altro, mentre cambiano in più sequenze il soggetto da impersonare, che viene incarnato da più di un solo artista. Tra gli oggetti utilizzati, rilevante è la comparsa di un paracadute, richiamante le ali dell’angelo di Benjamin. L’impiego di musica, gesti mimici e riproduzioni vocali dei suoni, volti a creare sgomento e smarrimento nel pubblico, accompagna tutta la narrazione dei fatti.

Questo insieme di microstorie, istanti sospesi e momenti fatali, da un lato può apparire caotico e disordinato, ma al tempo stesso manda un messaggio coerente, ovvero che la storia non è finita e che soprattutto i piccoli eventi possono mostrare l’assurdità della vicenda umana. La storia, quindi, non ha un ordine razionale, ma è composta di atti singoli e casuali, spesso inconcepibili per i singoli individui. 

L’opera teatrale suscita disorientamento in chi la guarda, sia per il cospicuo numero degli avvenimenti, sia per la velocità di sequenza con cui questi si sovrappongono, probabilmente ricercata dalla compagnia con lo scopo di stimolare il pubblico a non essere passivo. Lo spettacolo sembra concentrarsi più sul movimento degli attori e sull’associazione immagine-circostanza, che non sull’espressione di contenuto, presumibilmente per rimarcare ancora di più l’impossibilità di creare un ordine storiografico e per lasciare più impresse nella memoria dello spettatore le successioni dell’esposizione teatrale.

Michelangelo Suma