Questo articolo è prodotto dai partecipanti al “Laboratorio gratuito di giornalismo culturale e narrazione transmediale“, organizzato da Altre Velocità per il festival Le Città Visibili 2023.


L’intervista alla compagnia

Durante la seconda giornata del festival Le Città Visibili 2023, rassegna teatrale e musicale organizzata da Tamara Balducci e Riccardo Amadei, abbiamo incontrato la compagnia NoveTeatro poco prima della messa in scena di Dènsing, una commedia caleidoscopica che, a partire dalla storia della fantomatica famiglia Borghi e del glorioso “Dancing Emilia”, ci accompagna nella storia delle balere a colpi di valzer, mazurke e battute. Il regista Gabriele Tesauri, direttore artistico di NoveTeatro dal 2014 e del Teatro Comunale Pedrazzoli dal 2016, ci ha accolto tra le sedute dell’ex Cinema Astoria insieme agli attori Beatrice Schiros, Andrea Avanzi e Damiano e Alessandro Scalabrini, per raccontarci la genesi dello spettacolo e dei suoi personaggi.

Qual è l’origine di Dénsing?

Gabriele Tesauri: «Lo spettacolo nasce nell’estate del 2021, al termine del lockdown. Dopo quel periodo di chiusura che aveva messo a dura prova i teatri, c’era una richiesta molto forte, da parte delle amministrazioni e dei festival, di spettacoli pensati per essere facilmente fruibili all’esterno. Abbiamo quindi voluto costruire uno spettacolo adatto allo scopo, oltre che in grado di tirare su di morale sia il pubblico che a noi. L’idea era quella di portare in scena un racconto che parlasse del nostro luogo di origine, la provincia di Reggio Emilia, e del mondo delle balere che è ancora molto sentito. Ho quindi chiesto a Enrico Saccà, autore con cui avevo già collaborato, se avesse un’idea, e lui casualmente aveva un testo già pronto, ottenuto a partire da un’enorme quantità di materiale che aveva raccolto, tra cui interviste sia di frequentatori sia di gestori di discoteche e sale da ballo».

La scena è dominata da un tendone illuminato da cui parte tutta la narrazione. Come nasce questa idea e perché?

Gabriele Tesauri: «Abbiamo portato questo spettacolo in spazi diversissimi, dai classici teatri alle piazze, ma stando soprattutto all’aperto, ci serviva una struttura che ci proteggesse e potesse anche evocare alcuni passaggi che vengono raccontati. Per esempio, nel primo monologo dello spettacolo viene raccontata la nascita della prima balera all’aperto: al tempo, il tendone era costituito da un paracadute rubato agli alleati dopo il lancio degli alimenti. Da qui è nata l’idea del gazebo, che è poi diventato un teatro in miniatura. Grazie a lui, infatti, non necessitiamo di quinte o altri ricoveri, poiché tutto viene generato dall’interno della sua struttura. Inoltre il gazebo è un oggetto che si adatta perfettamente a ogni spazio».

Da chi traggono ispirazione i personaggi rappresentati durante lo spettacolo?

Andrea Avanzi: «Per quanto mi riguarda c’è l’imbarazzo della scelta: nei paesi della provincia emiliana, basta solo guardarsi intorno. Questi personaggi ce li raccontavano i nostri nonni nelle loro storie, ma li incontravamo anche noi quando si andava in discoteca. E nelle feste di paese ci sono ancora certi uomini che hanno la stessa tempra, quei ballerini che si alzano e fanno ballare le signore».

Beatrice Schiros: «Io questi personaggi li ho visti anche se la mia famiglia viaggiava e in Emilia-Romagna ci ho vissuto poco. I miei familiari non erano nemmeno gente che andava a ballare, non avevano quella cultura. Però ho ritrovato queste figure attraverso i film o ascoltando le storie di parenti di amiche che raccontavano del loro amore per le balere. Vicino a Modena c’era il Mac2 e mi ricordo ancora di quando da ragazzina ci passavo davanti: era pieno di macchine, mentre ora è purtroppo chiuso».

Alessandro Scalambrini: «Lavoro in discoteca come barista da un po’ di anni, quindi posso dire che i personaggi che c’erano in passato nelle balere, ci sono anche oggi. Li si ritrova in forme diverse, ma ci sono sempre per ogni generazione. Il nostro spettacolo intende mostrare anche questo».

Damiano Scalambrini: «Io questi personaggi li ho conosciuti tutti da vicino, con tanto di nome e cognome. Abito in un paese in provincia di Reggio Emilia, Praticello di Gattatico, dove qualche balera nelle vicinanze si trova ancora e resiste. La mia famiglia gestiva un bar dove sono cresciuto fino ai 14 anni, e per tutto quel tempo ho vissuto in mezzo a personaggi di tutti i tipi, compresi ubriaconi, delinquenti e spacciatori, vecchi e giovani. È stata una grande ispirazione».

Raccontando un mondo ormai in declino come quello delle balere, quale intento si pone lo spettacolo? Celebrativo, di trasmissione del patrimonio culturale, o semplicemente di intrattenimento?

Gabriele Tesauri: «C’è sicuramente l’intento di far divertire il pubblico, ma vogliamo anche celebrare e ricordare l’epoca delle balere. Nella fase finale dello spettacolo, in cui la balera si trasforma in sala bingo e diventa un ambiente asettico e quasi ossessivo, si sente lo scollamento rispetto al prima. C’è una sorta di distacco, soprattutto rispetto alla parvenza romantica che aveva la balera e al motivo per cui sono nati questi luoghi: fare incontrare le persone, e magari farle innamorare. Quando invece l’esperienza della discoteca si limita a essere una sequela di numeri freddi, il cambio si sente. Questo è, se vogliamo, il passaggio che vogliamo comunicare con più intensità in Dènsing».

intervista a cura di Michela Tiddia


I racconti dello spettacolo

Quella del Dancing Emilia è una storia che parte dal dopoguerra, come quella di tante altre balere emiliano-romagnole, ed è a questa storia che lo spettacolo Dènsing della compagnia NoveTeatro si ispira. Andato in scena ieri sera all’ex cinema Astoria di Rimini come secondo appuntamento del festival Le Città Visibili, Dènsing parla di quando le sale da ballo erano luoghi d’incontro e d’amore, ma fungevano anche da collanti sociali e allo stesso tempo definivano la reputazione e l’immagine delle persone.
La commedia di Enrico Saccà, interpretata da Beatrice Schiros, Andrea Avanzi, Damiano e Alessandro Scalabrini, con la regia di Gabriele Tesauri, ricostruisce le vicissitudini, gli usi e i costumi dei frequentatori, dei gestori e perfino del personale di una balera immaginaria ma verosimile, ripercorrendo la linea temporale degli eventi, dai tempi d’oro fino ai giorni nostri, in modo sfacciato e divertente, quasi caricaturale. È così che, da sala da ballo pensata per donne in età da marito e giovani uomini pronti a trovare la propria metà, con un sottofondo musicale di liscio, polka, valzer e mazurka, il Dancing Emilia si evolve, diventando un luogo sempre meno impostato sul senso di appartenenza e sulla creazione di legami e sempre più incentrato sullo svago e sul divertimento, dove tuttavia l’originalità e l’autenticità vengono spodestate dall’omologazione.
Lo spettacolo fa leva sull’efficace espressività corporea, gestuale e vocale degli attori e viene accompagnato, per tutta la sua durata, da voci fuori campo e note musicali che di questa terra sono da sempre protagoniste. Il tutto rivolgendosi sempre al pubblico, quasi integrandolo nelle conversazioni tra i protagonisti e creando in questo modo vicinanza e familiarità. Sullo sfondo un piccolo tendone itinerante che si illumina a intermittenza, caratteristico e distintivo perché inglobato dagli attori all’interno dello stessa scenografia, contribuisce a rendere Dènsing un mélange tra stand-up comedy, opera teatrale e cabaret, nel quale i quattro interpreti si cimentano poliedricamente tra sketch buffi e stravaganti, ma mantenendo sempre un tono nostalgico e accentuato dall’utilizzo di intercalare, dialetti e atteggiamenti tipicamente emiliano-romagnoli.
Nel flusso dello spettacolo, l’avanzare del tempo procede di pari passo con il cambiamento dei modi di pensare e dei comportamenti individuali e di gruppo, ma vengono sviscerati anche alcuni tabù e stereotipi dell’epoca, come l’omosessualità, la desiderata figura del bello e dannato e l’oggettificazione femminile. Soprattutto, particolare attenzione viene data all’aspetto campanilistico, interpretando, in una chiave tragicomica particolarmente fedele alla realtà, screzi e invidie tra gli emiliani e i romagnoli. Dènsing è un’opera certamente ironica, ma che permette allo spettatore di riflettere se valga davvero la pena sacrificare la tradizione e i valori di una volta, quelli della propria terra e delle proprie origini, in favore del progresso e dalla continua, esasperante ricerca di standard da rispettare e superare.

Sara Brugnettini


Pur essendo nato in provincia di Rimini, il termine “balera” non l’avevo mai sentito e neppure sapevo di cosa si trattasse. Ma lo spettacolo Dènsing di NoveTeatro, tenutosi nel contesto del festival Le Città Visibili 2023, mi ha fornito tutte le delucidazioni del caso. La compagnia ha raccontato la vicenda di una particolare balera tra le campagne della bassa Emilia, strutturata come un viaggio nella microstoria di questa realtà, fatto di personaggi, eventi e musiche di un passato che questa terra non ha dimenticato. Ci troviamo nei primi anni ‘50, quando alcuni musicisti amatoriali e il proprietario di un magazzino mettono su una sala da ballo improvvisata con quello che trovano in campagna, ignari del grande impatto che avrebbe avuto sulla vita dei loro compaesani. Nella balera si consumano storie di ogni genere, e la compagnia sceglie di rappresentarle con personaggi stereotipati e dalla forte caratterizzazione con cui, sorprendentemente, anche il pubblico più giovane riesce a entrare in sintonia. Eppure erano altri anni, quelli delle balere, e lungo tutto lo spettacolo risuonano molte differenze con la nostra epoca: per esempio, a quei tempi, dopo tre valzer con la stessa donna, le si poteva chiedere la mano.
A fare da sponda alle storie dei personaggi c’è un approfondito studio lessicale e logopedico, mirato ad associare ogni nome e ogni storia a una parlata particolare ed esagerata: delle vere e proprie calligrafie sonore, iconiche e in grado di far ridere anche chi ritiene che la commedia dell’esagerazione sia ormai acqua passata. Ma lo spettacolo non fa solo ridere: le storie esposte dai personaggi in scena servono infatti a comporre un quadro chiaro sulla storia delle balere, con una narrazione cronologica che va dall’inaugurazione della sala da ballo col nome di “Dancing Emilia” alla sua recente conversione in discoteca, giocando anche su alcuni stereotipi come il proverbiale campanilismo fra Emilia e Romagna, ossia entroterra rurale contro costa turistico-industriale.
La conclusione di questo viaggio nel tempo avviene riprendendo i personaggi chiave della vicenda, i quali, ormai in là con gli anni, tingono la scena di una felice malinconia nei confronti di quel luogo che è stato balera, dancing, discoteca e infine – vittima di un cambiamento sociale ed economico – sala da bingo. La scelta di portare questa storia a teatro si dimostra così efficace per imprimere nella memoria dello spettatore i caratteri di una cultura che rischia di perdersi nel tempo.

Lorenzo Toriel


Tutto nasce dall’idea di una famiglia, ambiziosa e visionaria, di creare un luogo in cui poter ballare. Nel secondo dopoguerra la bassa Emilia, ben diversa dalla riviera romagnola, offre ben poco in termini di svago. Per spirito di rivalsa e competizione, la famiglia Borghi costruisce nel nulla delle campagne, tra un campo arato a destra e un allevamento di maiali a sinistra, una balera costituita da due file di balle di fieno che delimitano ai lati e, al centro, una pedana coperta da un telo ricavato da un vecchio paracadute della seconda guerra mondiale. Tra realtà e finzione, siamo di fronte a un racconto dai ritmi serrati che lasciano poco spazio alla distrazione. Un viaggio nella storia di un luogo che è diventato un’istituzione negli anni della ricostruzione dell’Italia.
Dènsing di NoveTeatro è una commedia brillante sul mondo delle balere. Lo spettacolo ci racconta di quando le serate di ballo iniziavano nell’imbarazzo più totale, i maschi da una parte del palco e le femmine dall’altra. Solo l’intervento di una figura quasi mitologica e anche fastidiosa, quella dell’apripista che ti invitava a ballare quando non volevi, rompeva il ghiaccio e faceva partire la serata. Oltre a questo, nello spettacolo ci sono tanti altri personaggi che rivelano ognuno una sfaccettatura di quel periodo storico: ballerini appassionati e piacioni di professione, vitelloni di provincia e compagnoni da balli di gruppo, gestori ambiziosi e baristi disincantati. Anche a partire dalle loro interpretazioni, si vede la capacità degli attori nel gestire la complessa caratterizzazione dei personaggi.
Dènsing attraversa le mode musicali e le tendenze fino ai giorni nostri, in cui si assapora l’amarezza dell’ascesa della discoteca come nuovo luogo di aggregazione che soppianta e rende obsolete le storiche balere. Anche i personaggi perdono quello spessore e quella tridimensionalità che si percepiva nella prima parte dello spettacolo, diventando delle specie di macchiette che rivelano il disagio degli ambienti moderni. Uno spettacolo comunque complesso e coinvolgente che apre a un pezzo storia dell’Emilia-Romagna.

Tommaso Daffra