a cura di Elisa Gardini
Saranno gli artisti del nostro territorio ad avere gli oneri e gli onori di aprire le tre serate del festival dedicate alla musica e al cantautorato contemporaneo.
Domenica 23 luglio, prima di Riccardo Sinigallia, saliranno sul palco Riccardo Amadei e Les Pastìs, con il loro folkautorato d’autore, a metà tra canzone d’autore e avanguardia. A condividere il palco con Nada, la sera del primo giorno di agosto, ci sarà Houdini Righini, con le sue atmosfere elettroniche. Il 5 agosto si esibiranno gli Alternative Station, gruppo emergente della scena rock, reduce dall’esibizione del 1 luglio al Modena Park Rock con Vasco Rossi.
Facciamo alcune domande a Riccardo, Giuseppe e Andrea Donati degli Alternative Station.
Da dove venite, musicalmente parlando?
RA: Vengo dal mangiacassette della Croma di mio padre, geologo appassionato di musica e cantautorato: Lucio Dalla, Conte, Ivan Graziani, Gaber, una lista infinita. Gli piaceva guidare e canticchiare in macchina, masticava le canzoni, era stonatissimo e io mi divertivo da morire, ci son cresciuto in mezzo a quelle storie. Mio padre non conosceva l’inglese ed aveva bisogno di capire cosa cantasse, quindi Dylan e compagnia iniziarono ad arrivare in macchina e in casa molto più tardi, grazie al walkman di mia sorella, di due anni più grande di me e con le antenne già ben orientate al folk, al rock degli anni ‘90, al soul, all’R&B, all’elettricità, al Volume. Vengo dal piglio di mia madre, che da brava insegnante mi portò a studiare chitarra classica in una scuola, da cui scappai dopo le prime tre lezioni di solfeggio, ahimè. Poi a scuola ci tornai ma per conto mio, a 16 anni folgorato dai maestri del Delta volevo suonare il blues. Dopo arrivò anche l’Inghilterra e tutto il corredo. Andavo al Centro Sociale di Santa Giustina e alla Sala Borsa di Bologna, avevano una collezione eccellente di CD, potevi prenderne fino a 5 alla volta e portarli a casa. Internet non era ancora nell’aria, gli mp3 non esistevano, i dischi erano dischi e li consumavi a forza di sentirli oppure di esercitarti sopra. Mi sentivo una spugna. La scrittura invece è arrivata dopo, insieme alla letteratura del ‘900, al cinema, al teatro, ognuna di queste forme d’arte ha influenzato pesantemente la mia attitudine musicale, e lo fa tutt’ora.
HR: Mi piace moltissimo la wave degli anni ottanta, il rock classico -vedi Bowie, T. Rex, Lou Reed, Joy Division-, e l’elettronica in generale. Mi piace anche la musica d’autore, ma arriva in seconda battuta. Ah, e il cabaret tedesco degli anni Trenta: Brecht, Kurt Weill, cose così.
AD: Ognuno di noi viene da mondi musicali e sonorità diverse. E’ questo che più di tutto ci tiene uniti e che ci fa amare il nostro lavoro, con tutti questi spazi da esplorare è sempre bellissimo creare nuovi pezzi e coinvolgere nuove persone. A volte veniamo da oltre oceano, spesso dall’Inghilterra, sicuramente dagli anni ’90 ma, per esempio nelle linee di basso, non può passare inosservato anche il punk degli anni ’80.
Al festival suonerete al Giardino Lettimi, un luogo nascosto di Rimini: influenzerà in qualche modo la vostra esibizione?
RA: Ho già avuto la fortuna di suonare tra i resti del Palazzo Lettimi, è un luogo carico di storia, profondamente suggestivo, uno spazio sospeso che mentre ti accoglie ti bisbiglia all’orecchio. Il suo fascino decadente ha sempre influenzato le performance di attori e musicisti, forse perché pur essendo all’aperto, l’impressione che si ha è quella di un luogo intimo, dove la distanza con il pubblico svanisce al calar della notte ed essere complici diventa immediato, facile.
HR: Beh, sì, credo di sì. Il posto fa sempre la sua parte. Ho visto molti spettacoli da lì, è un posto veramente bello, e sono molto felice di esserci.
AD: Per certi versi sicuramente, ogni palco ha per noi un suo modo di essere vissuto e ci influenza, il Giardino Lettimi, con il suo portone e la sua vegetazione probabilmente ci porterà in qualche secolo passato.
Come vi immaginate fra cinque anni?
RA: Con almeno altri 3-4 dischi in più sulle spalle, libero dal rancore e ancora in grado di riconoscere la Bellezza quando si palesa. Spero di migliorare insomma, come il vino e la canzoni scritte con grazia.
HR: Sono tempi strani dal punto di vista creativo-musicale. Sarei già molto felice di continuare a fare dischi e avere persone interessate a quello che faccio. Comunque sono anche tempi stimolanti, quindi credo che saranno interessanti. Non dico solo per me, intendo proprio in generale. Sono proprio curioso di vedere come si evolverà il mercato e secondo quali logiche funzionerà la musica.
AD: Ci immaginiamo sicuramente con la stessa devozione e determinazione con le quali abbiamo sempre suonato, sperando di avere la possibilità di esibirci live sempre più spesso, magari con il supporto di un booking che ci aiuti (ci siamo sempre mossi da soli) a trovare le date in Italia ma anche all’estero.
Non ci resta che andare a (ri)ascoltare Riccardo, Giuseppe e gli Alternative Station nella cornice di Palazzo Lettimi, e supportare la loro arte.