Come in una cartolina balneare dal sapore retrò, l’immagine ricostruita a computer dell’antica
Rimini romana restituisce uno spazio che in gran parte non esiste più ma che è ancora in grado di
affascinare gli appassionati di storia e non solo. Provate a chiudere gli occhi e a dimenticarvi degli
ombrelloni, delle discoteche e dei locali alla moda. Immaginatevi invece campagna a perdita
d’occhio, l’erba alta e bruciata dal sole estivo del 200 A.C.. che fa da cornice ai filari di uva che
dal monte dedicato al Dio Giove si estendevano sino al mare, producendo quel vino che, ancora
oggi, racchiude in se tutto lo spirito forte, schietto e robusto dei romagnoli: il Sangiovese.
Benvenuti ad Ariminum, provincia romana.
Articolo di Andrea Pari
Era il 268 A.C. quando, per ordine del Senato di Roma, si decise di trasformare quelle terre
campestri, ancora popolate dai francesi Galli, in una colonia dell’impero Romano. Con l’aiuto di
seimila coloni, provenienti dal Lazio, nacque Ariminum, città strategica per la nascente
infrastruttura romana. Se è vero il detto che tutte le strade portano a Roma, ad Ariminum lo era
ancora di più. Da qui si scelse infatti di far partire la via Emilia, voluta nel 187 A.C. dal console
Emilio Lepido come collegamento tra le diverse città romagnole e l’intersezione ravennate che
proseguiva fino ad Aquileia. C’è è poi una leggenda metropolitana, molto diffusa sin dall’antichità,
che contribuì ad affermare l’importanza di Ariminum, oggi Rimini, in tutto l’impero. La leggenda
narra che, nel cuore del centro di questa nascente succursale romana, il condottiero ed imperatore
Giulio Cesare, nel 49 a.C. in occasione dello storico passaggio del fiume Rubicone, tenne un
discorso alle sue legioni. In realtà, stando alla lettura del De Bello Civili, si apprende come ciò sia
accaduto a Ravenna e non a Rimini, ma tanto bastò per dedicare quella piazza alla memoria del
romano condottiero e ad ergervi lì, in suo onore, una statua di bronzo. Proprio il centro della città fu
oggetto di importanti opere che gli imperatori romani vollero realizzare nel secoli in cui
governarono sul territorio. Nacquero opere che sopravvissero i secoli giungendo ancor oggi a noi
nel loro antico splendore come il Ponte di Tiberio e l’Arco di Augusto. Vi sono poi monumenti che
non ressero al tempo e che oggi rappresentano solo un mero ricordo custodito nei libri di storia
locale. Tra queste vi era una imponente edificio, costruito nel I secolo D.C. (si narra che a
commissionarlo fu l’imperatore Augusto), destinato all’intrattenimento e agli spettacoli. La sua
forma era semicircolare, la lunghezza del palco era di 23 metri, mentre il diametro esterno ne
misurava circa 80. Per consentire l’accesso alle scale che portavano alle gradinate vi erano dei
corridoi coperti da volte a botte. La cavea, autoportante, era sorretta grazie a muri costruiti con
laterizi a vista. Il teatro si estendeva a copertura di buona parte del centro cittadino, nella zona
adiacente all’attuale piazza Ferrari. Negli anni ’60 del 1900, nei pressi di ciò che resta della più
antica chiesa templare italiana, San Michelino in Foro, che si ergeva nella vicinanze dell’attuale
duomo riminese, Mario Zuffa, allora direttore del Museo cittadino, rinvenne parte di un epigrafe in
cui si faceva riferimento ad un intervento di decoro architettonico del teatro, che fu eseguito in età
imperiale. Partendo da ciò si è poi potuto, nel tempo, creare un progetto di ricostruzione virtuale
avente per scopo la realizzazione un viaggio nell’antica Ariminum romana, che, grazie al nuovo
“aRimini Caput Viarum – Visitor Center”, inaugurato il 18 Aprile 2016 nella città di Fellini, in
corso d’Augusto 235 ci restituisce, attraverso l’interattività e la multimedialità, un luogo del nostro
passato dandoci la possibilità d’intraprendere un insolito e suggestivo viaggio in un territorio antico.
Lo stesso territorio nel quale, secoli dopo, nei primi anni del Cinquecento, il nobile Carlo Maschi, in
una porzione di ciò che un tempo fu il teatro romano, costruì un edificio che la storia ricorderà
come Palazzo Lettimi. Uno dei capolavori del rinascimento riminese, che quasi interamente
distrutto dalle bombe, nella seconda guerra mondiale, è oggi un giardino dimenticato che
rappresenta, con lo scheletro martoriato dell’antico palazzo che fu, una ferita ancora aperta nella
storia della città. Qui il nostro percorso settimanale alla scoperta del #lettimisegreto si conclude.
Ho raccontato i fasti del palazzo, e il suo declino, i momenti più felici e quelli più cupi, attraverso la
narrazione delle vite di coloro che lo abitarono. Ora, l’invito, è di diventare anche tu parte della
storia di quel luogo e di scrivere, con le città visibili, un nuovo capitolo. Assieme. Tra poco,
nell’estate 2016, ciò che resta di quell’antica dimora tornerà a vivere per qualche giorno ospitando
un festival delle arti e l’antico portone riaprirà i battenti. Seguici sui social e potrai varcare anche tu
quella soglia ed avere il tuo posto nella storia.